Immaginario (e reale) del Bitcoin. Un viaggio nella cultura e rivoluzione della crypto-moneta.

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Immaginario (e reale) del Bitcoin. Un viaggio nella cultura e rivoluzione della crypto-moneta.

In molti, negli ultimi tempi,  ci siamo incuriositi all’argomento Bitcoin e crypto-valute ed ho pensato di “rubare” questo articolo pubblicato su LIST. Un ottima lettura ed un occasione per me per augurarvi Buone Feste. 

 

Bitcoin. La mania del compro e vendo ha cominciato a produrre i suoi effetti. Quando l’edicolante (che da tempo non vende più giornali, ma ninnolistica varia e avariata) comunica di essere un possessore di Bitcoin significa che siamo al livello di guardia: la moneta si è diffusa, ma il sapere no. Dietro tutto questo c’è un immaginario da foresta pluviale, il Bitcoin è frutto di una tecnologia, è transazione tra pari che diventa metodo di scambio e pagamento, le quotazioni stellari del 2017 lo hanno proiettato verso la parabola del tulipano. Diciassettesimo secolo, Paesi Bassi, articolo di Chrispijn Munting, cronista della Gazzetta di Harlem ( Amsterdam):

Oggi un contadino ha acquistato un singolo bulbo del raro tulipano chiamato Vicerè, pagando per esso: otto maiali, quattro buoi, dodici pecore, due carichi di grano, quattro carichi di segale, due botti di vino, quattro barili di birra, due barilotti di burro, mille libbre di formaggio, un letto completo di accessori, un calice d’argento e un vestito, per un valore totale di 2.500 fiorini.

I prezzi ovviamente crollarono rovinosamente, i tulipani sono fiori meravigliosi (i preferiti dal titolare di List) ma non hanno alcuna utilità (ok, enorme quando curano l’anima) se non quella del piacere della visione, fiori gentili e bulbi che non si trasformano in oro. La storia del Bitcoin è come quella dei tulipani? Qualcuno pensa che andrà così, ma sotto il tulipano di oggi non c’è un bulbo, c’è una tecnologia, un reale e un immaginario che ha già cambiato la gerarchia delle relazioni tra individui e istituzioni. Potrebbe sparire il Bitcoin, ma la realtà della Blockchain resta. E il Bitcoin senza alcun dubbio è qualcosa che esiste e funziona. Il problema – se di problema si tratta e non invece di un’opportunità – è che mette in discussione tutti i dogmi della finanza internazionale, la sua organizzazione e gerarchia.

Siamo in una terra di mezzo popolata giganti dell’immaginario: il denaro, il potere, il desiderio della ricchezza, l’utopia e il reale, la tecnologia che cancella la sovranità dell’istituzione e dà lo scettro al singolo, il mercato parallelo, il compro e vendo di Wall Street, l’antagonismo e naturalmente l’anarchia e la visione psichedelica di quello straordinario, meraviglioso, pericoloso, incontrollabile, dispotico, ribelle, necessario laboratorio chiamato Silicon Valley. Lo stato delle nostre relazioni digitali, la realtà aumentata, il prolungamento dei nostri rapporti reali in formati digitali, protesi di realtà (s)materializzate in hardware e software, viaggia verso una terra incognita. Questo numero di WeekList è un quadro di immagini, sensazioni, suggestioni, provocazioni, visioni, appeso al chiodo del Bitcoin. Buona lettura.

Money

La moneta. Il mito del denaro. Facile, per favore. Tutti, maledetti e subito. Prendi i soldi e scappa. Per un pugno di dollari. Money, Pink Floyd.  Fare soldi, l’attività più difficile. Il successo. Il fallimento. L’impresa. Vivi e muori. O la borsa o la vita. Mani in alto. La storia del denaro è quella della lotta tra il bene e il male, la brama e  la virtù, il peccato e la mirabile visione della ricchezza da diffondere. Il denaro è Faust, Goethe, la continuazione dell’alchimia con altri mezzi, il dilemma religioso del nostro tempo: i soldi. Paradiso e Inferno, Dante e Milton, conti correnti e mutui, la curva di Wall Street che vola, i lingottini nelle cassette di sicurezza e sì, facciamo colazione da Tiffany anche senza sapere chi è Truman Capote, cribbio.

Gioielli. Oro. Smeraldi. Soldi, la liquidità che zampilla dalle corna di Satana. Sì, lo ha detto anche la cara, vecchia, rocciosa “Buba”, la Bundesbank che il denaro è da maneggiare con cura. Discorso del presidente della Buba, Jens Weidmann, 12 settembre 2012, su “Creazione di moneta e responsabilità” :

 “Permettetemi di ricordare brevemente la scena della ‘creazione della moneta’ nel primo atto della seconda parte del ‘Faust’. Mefistofele, travestito da buffone, parla con l’imperatore, che è in grave crisi finanziaria, e dice: ‘V’è alcuno a questo mondo a cui non manchi o questa o quella cosa? Qui ciò che manca è il denaro’. L’Imperatore finalmente risponde ai tentativi sottili di Mefistofele di persuaderlo: ‘Ne ho abbastanza dei se e dei ma. Ci manca il denaro, trovacelo’. Mefistofele risponde: ‘Troverò ciò che chiedi, e anche più’”.

Il presidente della Bundesbank dice che stampare moneta è opera del diavolo. E lo fa evocando il testo che è obbligatorio leggere in tutte le scuole tedesche: il “Faust” di Johann Wolfgang von Goethe. La moneta… sì, dai, ci siamo, ecco l’avidità, Gordon Gekko:

L’avidità, non trovo una parola migliore, è valida, l’avidità è giusta, l’avidità funziona, l’avidità chiarifica, penetra e cattura l’essenza dello spirito evolutivo. L’avidità in tutte le sue forme: l’avidità di vita, di amore, di sapere, di denaro, ha improntato lo slancio in avanti di tutta l’umanità. E l’avidità, ascoltatemi bene, non salverà solamente la Teldar Carta, ma anche l’altra disfunzionante società che ha nome America.

Possedere la moneta. Le banconote. La sovranità. I soldi sono eterni, ma quella sovranità, battere moneta, sta finendo, perché la banca centrale ha un problema: si chiama Bitcoin.

Satoshi Nakamoto

È il nome dell’inventore della cripto-valuta Bitcoin. Si conosce solo il nome, nient’altro si sa di lui. O di loro.  Il protocollo Bitcoin fu pubblicato nel novembre del 2008. Tra le tante teorie sull’identità di Satoshi Nakamoto, l’ultima dice che dietro quel nome si cela… chi? Lui, Elon Musk. Che ha smentito tutto su Twitter.

No, non è opera di Musk perché è indubbio che sia stata agli albori un’operazione da Mask. Materia da hacker che dissemina in Rete la catena che prepara il sottosopra. Non è una rivoluzione ma una faccenda da Nerd? Uhm, se pensate questo siete entrati pericolosamente nella fase Napoleone a Waterloo: “Wellington è un pessimo generale. Prevedo la vittoria entro l’ora di pranzo”. Sappiamo com’è andato il pranzo di Napoleone.

La catena delle parole

Ogni religione e filosofia ha il suo documento fondativo. Questo è quello della chiesa delle nuove transazioni di Satoshi Nakamoto:

Il disegno finale è tutto nella prima riga dell’abstract:

A purely peer-to-peer version of electronic cash would allow online payments to be sent directly from one party to another without going through a financial institution.

Che cosa è questa? Una rivoluzione, la mossa del cavallo sulle banche. La caccia a Satoshi Nakamoto è aperta. Sappiamo che spedisce email:

Ma nient’altro trapela sulla sua identità.  Dicono che la National Security Agency sappia tutto e ne abbia svelato l’identità attraverso lo studio comparato dello stile dei suoi testi. Milioni di parole e di testi sarebbero stati sottoposti all’esame stilometrico. E siamo al contemporaneo calcolo del supercomputer che ripesca l’arte antica dello studio degli stilemi. La potenza del sapere remoto, profondo, il campo di petrolio delle parole che viene trivellato dal raffinato metodo della comparazione. La catena delle parole conduce al padre della blockchain, la macchina del Bitcoin.

Criptologia

Il viaggio del codice segreto comincia in Mesopotomia, in Egitto, nell’Islam che un tempo fu splendore e cultura, numero e filosofia. L’esoterico mistero della criptologia. Il domani che affonda le sue radici in un passato remoto fatto di segreti da custodire e scardinare. Enciclopedia Treccani:

La criptologia è una disciplina cui afferiscono tre branche principali: la criptografia (in arabo al-ta῾miyya, rendere completamente invisibile, oscuro), la criptoanalisi o decodificazione (in arabo istiḫrāǧ al-mu῾ammā, lett. far uscire ciò che è stato oscurato) e la steganografia (in arabo al-iḫfā᾽, lett. nascondere). 

Invisibile. Uscire. Nascondere. Signor Sakamoto, chi è lei? Crypto-persona. Antico e moderno s’incrociano, che gioco di rimbalzi nella dimensione spazio-temporale. Riecco l’ombra di Alan Turing e  la sua macchina per decodificare le comunicazioni dei tedeschi in guerra, riecco le lettere del geniale matematico John Nash spedite nel 1955 alla National Security Agency per costruire una nuova macchina che custodisce e svela i segreti, “my enciphering – deciphering machine”:

Nash, quest’uomo potente e fragile. Ha rivoluzionato l’economia con la sua teoria dei giochi, parlava con i numeri. Troppo. Il matematico puro, una figura di tragica bellezza, la cifra dell’intelligenza e della dissociazione, un padre ubriacone, una madre di eccezionale tempra, un bimbo nato in Texas dove tutto è petrolio e mistero del sottosuolo, lui fu il più immateriale dei ragazzi, introverso, solitario, fatalmente attratto dal mistero del numero. Lo squilibrato che per forza, solo lui, può costruire la teoria dell’equilibrio. Premio Nobel. Una vita in codice. Nash.

Non avete mai visto il film Beautiful Mind? Sublime. Nash. Quel mondo rarefatto e pulsante di relazioni e sistemi. Codici. Teoria dei giochi. Il Bitcoin è solo un pezzetto di questo potentissimo immaginario, nasce da questo intreccio visionario, alla fine è sempre tutta una questione di numero e parola. Questo è lo schema di Sakamoto:

Transazioni digitali con chiavi pubbliche e private. Busso, vengo riconosciuto, entro, compro, pago. Sicuro e anonimo. Il tuo indirizzo è pubblico, il tuo nome è privato. In un giro di bit si passa da Nash al cash. Soldi. Potere. Libertà.

Crypto Anarchia

Moneta? Non quella battuta dalle banche. Dentro il Bitcoin c’è una dose di ribellione che emerge dalla letteratura, l’albero, la radice culturale. Nel Crypto Anarchist Manifesto di Timothy C. May del 1988 leggiamo nella prima riga: “Uno spettro s’aggira per il mondo moderno, lo spettro della crypto anarchia”. Siamo a Carletto Marx reloaded:

La tecnologia informatica è sul punto di fornire agli individui e ai gruppi la capacità di comunicare e interagire tra loro in modo totalmente anonimo. Due persone possono scambiare messaggi, condurre affari e negoziare contratti elettronici senza mai conoscere il vero nome o l’identità legale dell’altro. Le interazioni sulle reti non saranno rintracciabili (…) La reputazione avrà un’importanza centrale, molto più importante nei rapporti dei rating di credito odierni. Questi sviluppi modificheranno completamente la natura della regolamentazione governativa, la capacità di tassare e controllare le interazioni economiche, la capacità di tenere segrete le informazioni e modificheranno persino la natura della fiducia e della reputazione.

Quasi trent’anni fa May vide con un bagliore immenso gli sviluppi della Rete e del codice. I suoi scritti sono illuminanti. Il titolare di List ne consiglia vivamente la lettura. 

Il ruggito del Peer to Peer

Da pari a pari. È questo il punto centrale della filosofia del Bitcoin. Se non c’è un’autorità centrale che distribuisce, controlla, valida la transazione monetaria, se la faccenda del bonifico non esiste più, se pagare è una faccenda in cui il “terzo” viene spazzato via, allora nella dimensione della longue durée è chiaro che la monarchia della banca (e di conseguenza delle autorità regolatorie, il mercato e gli Stati) è destinata a crollare. Allo Stato a quel punto resta una regolazione minima della vita degli individui – non più controllabile attraverso la sorveglianza digitale – e il puro esercizio della forza. La battaglia di domani, una cyberguerra tra l’Autorità e il Ribelle. Ancora lui, Timothy C. May, nel suo Manifesto del 1988:

Lo Stato cercherà naturalmente di rallentare o arrestare la diffusione di questa tecnologia, citando le preoccupazioni per la sicurezza nazionale, l’uso della tecnologia da parte dei trafficanti di droga e degli evasori fiscali, e i timori di disintegrazione sociale. Molte di queste preoccupazioni saranno valide; la criptoanarchia consentirà di fare commercio dei segreti nazionali e permetterà il commercio di materiale illegale e rubato. Un mercato informatico anonimo renderà addirittura possibili ripugnanti mercati per assassinii ed estorsioni. Diversi elementi criminali e stranieri saranno utenti attivi di CryptoNet. Ma questo non fermerà la diffusione della criptoanarchia.

Non fermerà. Vi ricorda qualcosa che sta accadendo ora? Il problema è il Bitcoin? No, è il difficile e drammatico equilibrio e confine della libertà e della democrazia. Fin dove lo Stato arriva a decidere chi sei e cosa fai? Fin dove il singolo individuo si spinge nell’esplorazione delle sue possibilità di rottura delle regole e costituzione di un dominio alternativo a quello esistente? È questo il dilemma aperto dal Bitcoin. Cash & Clash.